Chi è il Massone?

Chi è il Massone?



Siamo persone comuni, senza velleità particolari, al di la di ciò che la convinzione collettiva vuole. Studiamo l'uomo, i suoi difetti e i suoi pregi, cerchiamo di conoscere la Verità su ogni argomento, difendiamo la verità e le pari opportunità, difendiamo sempre la giustizia (quella vera) e "lavoriamo" sotto tre insegne: Libertà, Uguaglianza e Fr...atellanza. Dalle nostre Logge è bandito il Classismo (sub-cultura presente in molte altre istituzioni), che non fa certo parte delle nostre logiche di miglioramento dell'Uomo, convinti anzi che lo offenda, sempre e comunque. Ecco chi è il Massone.

La Massoneria non è fatta di miliardari e di benestanti professionisti, ma di normalissime persone.

Solo ed esclusivamente per motivi di opportunità e di tradizione secolare preferiamo non rendere pubblici i nostri nomi.

Per opportunità, perchè è inopportuno, in una società che a priori è contraria al nostro ideale, che si fida di informazioni fin troppo di parte per poter essere credibili, che ha esaltato l'operato di un'inchiesta balorda, sfruttata a fini politici e finita con un'archiviazione che è servita soltanto a creare un database di discutibile legalità su usi, conoscenze ed abitudini di persone normali, unite da ideali di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza. Certo è che il Massone, all'atto della sua Iniziazione, promette solennemente di rispettare le Leggi dello Stato e la Costituzione. Non si fa altrettanto quando ci si iscrive ad un partito politico, a qualunque altra Associazione di quelle che molti definiscono "pure"

Per tradizione secolare, perchè noi, tradizionalmente, preferiamo non uscire allo scoperto, perchè la volontà politica di pochi non deve e non può demolire tradizioni che hanno sviluppato le proprie radici a partire dal 1717. Sta alla libertà di ognuno di noi decidere se dichiararsi o se non dichiararsi pubblicamente Massone.

martedì 1 marzo 2011

Da Atlantide alla Massoneria.







Nel libro ATLANTIDI: I 3 diluvi che hanno cancellato la civiltà, il gruppo PANGEA analizza un vasto insieme di figure mitiche, aneddoti allegorici e simboli, che sembrano ricondursi ad un’unica matrice: le genti di Atlantide, note anche come “Pelasgi”. A partire da un passato confuso tra storia e leggenda, “nelle religioni dell’antichità troviamo traccia di una conoscenza nascosta che poteva essere trasmessa solo a coloro che si fossero rivelati degni in seguito al superamento di prove. Questa conoscenza era nota col termine di misteri o heka o magia e riguardava l’origine dell’uomo e della natura, il suo rapporto con i mondi extrasensoriali e le leggi del mondo fisico. Accompagnata da un comportamento retto ed equilibrato, il Maat, era prerogativa essenziale per giungere alla vita eterna.” Ricettacolo di questa “scienza dell’anima”, come la definisce Graham Hancock, fu certamente l’Egitto, dove l’elite sacerdotale dei “Seguaci di Horus” preservò la conoscenza fino all’epoca faraonica, accentrandosi prima ad Eliopoli sul delta del Nilo e poi a Tebe, nel tempio-oracolo di Amon. Racconta Erodoto (che visitò l’Egitto nel 450 a.C.) come due sacerdotesse rapite dai Fenici al tempio di Amon, furono vendute una nell’oasi di Siwa ed una a Dodona in Grecia. Qui fondarono altrettanti oracoli, mantenendo una sorta di gemellaggio con l’isola egea di Samotracia, dove un’analoga tradizione sopravviveva col nome di misteri Cabiri. Ricondotti dal mito al popolo dei Pelasgi, fu durante la loro celebrazione che si conobbero i genitori di Alessandro Magno: la madre Olimpia, sacerdotessa dell’oracolo di Zeus- Amon a Dodona, e il padre, Filippo II il Macedone.
Olimpia era ossessionata dall’idea di dover partorire la reincarnazione di Dioniso, una divinità che già Erodoto aveva identificato con Osiride. Non è quindi un caso se nella biografia di Alessandro troviamo così tanto in comune con la storia del dio egizio. Proprio Osiride, accompagnato dal sapiente Thot-Ermete, si era adoperato alla diffusione dei misteri, mentre una sorta di magistero o segreta fratellanza si era costituita per aiutarne la comprensione. Scrisse Andrew Michael Ramsay, Gran Maestro della massoneria francese nel 1728: “Desideriamo riunire tutti gli uomini dalla mente illuminata, dalle maniere civili e dallo spirito ameno non solo attraverso l’amore per le arti ma assai di più attraverso il principio grandioso di virtù, scienze e religione, dove gli interessi della Confraternita diventino quelli dell’intera razza umana, e da cui tutte le nazioni possano trarre utile conoscenza. […] Il nostro Ordine deve essere considerato come un ordine fondato in una antichità remota, e rinnovato in Terra Santa dai nostri antenati allo scopo di richiamare la memoria delle verità più sublimi.” L’Heka è una “conoscenza che non si può apprendere”, e tale è la traduzione nell’antica lingua gaelica di “Rosslyn”, il nome della famosa cattedrale templare. L’Heka starebbe nascosta dalla nascita nella mente di ogni uomo e potrebbe risvegliarsi solo grazie all’impressione di immagini e simboli celesti. A tale scopo la fratellanza desiderava costruire una città capace di portare o “copiare” simbolicamente il cielo sulla terra. Chiunque avesse visto la città avrebbe potuto risvegliare l’Heka1. Attraverso i Pelasgi l’insegnamento dell’Heka raggiunse l’Egitto e rimase immutato fino al 30 a.C.. La conquista romana aveva avvolto l’Egitto in un clima d’instabilità: la ricchezza dell’agricoltura andava a nutrire le guarnigioni romane e a riempire le casse del tesoro di Roma. Nessun nuovo tempio fu costruito, nessun progetto idraulico realizzato. Nel 115 d.C. un’immensa rivolta capeggiata da Ebrei fu brutalmente soppressa ed un altro massacro ebbe luogo ad Alessandria durante la visita dell’imperatore Caracalla nel 215 d.C.. La rivolta più grave fu sedata nella stessa città da Diocleziano nel 297 d.C., dopo un assedio durato otto mesi. I sacerdoti egizi dovettero inventarsi qualcosa per assicurare la sopravvivenza dell’Heka ed a tale scopo pensarono di inglobarla nell’emergente culto cristiano. L’imperatore Adriano osservava che ad Alessandria “gli adoratori di Osiride sono cristiani, e quelli che si definiscono vescovi di Cristo rivolgono le loro preghiere ad Osiride […] Ogni volta che lo stesso patriarca si reca in Egitto, alcuni lo inducono a venerare Osiride, altri Cristo2.” L’impresa fu facilitata dall’opera dei faraoni Tolomei che, nei secoli immediatamente precedenti alla conquista, ordinarono di tradurre in greco gli scritti egizi impressi sulle pareti dei templi. Il lavoro culminò nella compilazione del Corpus Hermeticum, una raccolta di testi conservanti gli insegnamenti del dio Toth o Ermete. Nella versione giunta fino a noi, Ermete appare più come un profeta che come un dio, segno che la “mescolanza” di elementi cristiani ed egizi era già in atto durante la sua stesura. Il Corpus Hermeticum costituisce probabilmente il punto di partenza della religione cristiana cosiddetta “gnostica”, nata ad Alessandria nei primi secoli dopo Cristo sotto forma di varie sette con sottili differenze. Benché non sia provato, è comunque indicativo il fatto che un testo del Corpus Hermeticum, l’Asclepio, appaia anche nelle raccolte di testi gnostici. Altra indicazione ci giunge dalla setta gnostica dei terapeuti, che come simbolo usava il caduceo di Ermete ed elencava Iside tra i suoi patroni, chiamandola anche “Madre di Dio”. Gli gnostici furono duramente perseguitati dalla Chiesa cristiana tra il IV e il VI secolo, portando al massacro di innumerevoli persone e all’incendio di una gran quantità di testi. Per millecinquecento anni, gli unici testi scritti sugli insegnamenti di questa religione furono le citazioni contenute nelle opere dei cacciatori di eresie. Poi il deserto ci donò la rivelazione: un vaso di terracotta contenente tredici codici gnostici fu riportato alla luce nel 1945 a Nag Hammadi, nell’Alto Egitto, da un contadino di nome Muhammad Ali. Era rimasto sepolto per quindici secoli, salvando dei papiri che, sottoposti ad analisi, rivelarono una data di realizzazione compresa tra il 350 e il 400 d.C.. Trattandosi di copie in copto di originali in greco, gli studiosi concordano su una compilazione dei testi originali tra il 120 e il 150 d.C., con l’eccezione del Vangelo di Tommaso databile tra il 50 e il 100 d.C3.. Molti dei documenti di Nag Hammadi alludono all’esistenza di una società segreta nota come “L’Organizzazione” la cui missione consisteva almeno parzialmente nel costruire monumenti “come rappresentazioni di luoghi spirituali”, per esempio le stelle4. Aveva inoltre il compito di preservare e perpetuare la conoscenza sacra, l’unico mezzo che possiederebbe l’uomo per raggiungere l’immortalità, rivelandosi in questo modo come la naturale erede di quel che abbiamo chiamato “Ordine di Melchisedek”, “Seguaci di Horus” o “Sette Sapienti”. Come quest’ultimi, attraverso una tradizione che si riconduce ai Pelasgi, gli iniziati gnostici erano vegetariani.
Costantino il Grande, il “liberatore del cristianesimo”, non si può certo considerare un santo. Fece uccidere il figlio Crispo e la moglie Fausta, rinchiusa in una stanza satura di vapore finché ne morì soffocata. Avvicinatosi ai vescovi cattolici che gli avrebbero promesso il perdono dell’ultima ora, concesse loro la tolleranza con l’editto del 312 d.C.. In un secondo editto, promulgato intorno al 325 sotto la pressione dei vescovi, vietò le assemblee agli gnostici ed ordinò la confisca e la consegna alla Chiesa dei loro edifici. Nel 380 il cristianesimo divenne religione ufficiale dell’impero e nel 392 furono bandite le altre credenze. La persecuzione degli gnostici iniziò nel 325 grazie ai poteri conferiti ai cristiani dal decreto di Costantino. Nei quindici anni dell’imperatore Teodosio (379-395), questi approvò cento nuove leggi contro gli gnostici, che li privavano dei loro beni, della libertà e spesso della vita, ordinando la distruzione dei loro libri. Maternus Cynegius, governatore di Teodosio ad Alessandria dal 384 al 388, incominciò a predisporre forze militari a sostegno della campagna cattolica per abolire le altre religioni. Teofilo, l’arcivescovo cattolico di Alessandria dal 384 al 412, incitava le masse di cattolici contro gnostici e pagani. Molti membri delle sette gnostiche si rifugiarono nel Serapeum, il grande tempio dedicato ad Osiride costruito da Tolomeo I Sotere (323-283 a.C.). La folla saccheggiò e incendiò la biblioteca, il tempio fu raso al suolo e coloro che lo difendevano massacrati. Il successore di Teofilo, San Cirillo, nel 415 ordinò l’assassinio della filosofa Ipazia, portata in chiesa e smembrata, un pezzo dopo l’altro, con tegole rotte. In questa situazione, i pochi ancora disposti a rischiare la vita per le proprie credenze si rifugiarono in Turchia nella zona di Edessa (odierna Urfa) ed Harran, ai confini con la Siria, mentre altri si mescolarono ai Manichei, una religione sincretica nata in Persia nel 250 d.C. di chiara influenza gnostica. La comunità di Edessa ed Harran, nota col nome di Messaliani o Sabei, secondo Steven Runciman6 sopravvisse con compattezza fino all’XI secolo, riuscendo ad espandersi nei Balcani. Essi crearono una classe di adepti chiamati Pneumatici, termine già in uso presso alcune sette gnostiche di Alessandria per indicare la propria élite di iniziati spirituali. Coloro che rimasero ad Harran adottarono nel IX secolo il Corpus Hermeticum quale raccolta di testi sacri, elaborandolo in un nuovo testo noto come Picatrix, di cui alcune versioni circolarono in Europa dal XIII secolo. Sebbene nessun testo della raccolta originale giunse in Europa prima del XV secolo, la loro presenza testimoniata ad Harran non fa che sostenere il legame tra il Corpus Hermeticum e gli gnostici. Presumibilmente essi adoravano Ermete, Osiride ed Iside quali profeti. Secondo l’egittologo Selim Hassan, il nome Sabei deriva dall’antica parola egizia Saba’a che significa stella. Esistono resoconti di pellegrinaggi compiuti annualmente dai Sabei di Harran alle piramidi di Giza, presso le quali eseguivano osservazioni astronomiche e rituali7. Hassan riteneva che i Sabei considerassero le piramidi di Giza come monumenti dedicati alle stelle, il ché li ispirò a prendere il nome di Saba’ia, cioè “popolo delle stelle”. Sembra che tale nome fosse stato adottato sotto la pressione del califfo Al Mamun nell’830 d.C., sulla base di alcune affinità religiose con i Sabei della Mesopotamia meridionale, un popolo la cui genealogia si perde nell’impero accadico di Sargon il Grande8. Il califfo accusò infatti i Sabei di idolatria e minacciò di sterminarli se non avessero accolto una delle fedi ammesse dal Corano, tra le quali apparivano i Cristiani, i Musulmani e i Sabei. Benché cristiani, preferirono discostarsi da coloro che li avevano perseguitati in Egitto e si fecero sabei. Essi sostennero la propria causa dichiarando alle autorità musulmane che il libro della loro fede era il “libro di Ermete” e che il loro profeta era Ermete Trismegisto9. Accettando un ruolo accadico nella nascita dell’Egitto faraonico e identificando, come propone M. Pincherle, il primo faraone Narmer col re accadico Naram-Sin10 (nipote di Sargon), potremmo intuire come la religione gnostica trovasse comunanze con il popolo dei Sabei. Le comunità balcaniche dei Sabei o Messaliani conobbero nuovo vigore con la predicazione di Bogomil, sacerdote attivo in Bulgaria nella prima metà del X secolo. Dopo la morte dello zar bulgaro Pietro I, il Bogolimismo (come ora si chiamava l’eresia gnostica) si diffuse rapidamente nei principati balcani della Serbia e della Bosnia, nonché in Dalmazia, Macedonia e nella stessa Costantinopoli. Il primo riferimento a Costantinopoli appare nel 1045 in una lettera del monaco Euthymius di Periblepton, nella quale sosteneva di aver scoperto una cellula eretica nel proprio monastero. L’imperatore bizantino Cosma I (1075-1081) fu il primo imperatore di Costantinopoli ad agire con decisione contro i bogomili. Il suo successore, Alessio I Comneno (1081-1118), in una data compresa tra il 1097 e il 1104, ordinò l’arresto di un noto bogomilo di nome Diblatus, torturato fino a fargli rivelare alcune figure chiave del movimento. Tra queste vi era un monaco rinnegato della Macedonia, Basilio, al quale Comneno si rivolse furbescamente chiedendo di essere illuminato sulla fede cristiana. Caduto nella trappola, Basilio fu arrestato con i suoi consociati e fu arso vivo come esempio nell’Ippodromo di Costantinopoli. Seguirono altri processi ma, nel 1145, il patriarca Cosma Atticus si fece bogomilo e fu deposto solo in seguito alle pressioni rivolte dagli ecclesiastici all’imperatore Manuel I. In questo momento il bogolimismo si era evoluto in una religione importante e cominciava ad apparire in Occidente, sotto il nome di Catarismo. Nel 1167 un anziano vescovo bogomilo di Costantinopoli, Niceta, giunse in Lombardia, dove convinse i vescovi catari locali ad adottare importanti cambiamenti dottrinali, per poi spostarsi in Linguadoca, dove incontrò l’intera amministrazione catara dell’Occitania a St.Felix de Caraman, vicino a Tolosa. La sua visita produsse, oltre al bando della cosiddetta fazione moderata, una migliore organizzazione dell’attività missionaria in tutta Europa. Diffusi in Provenza, Linguadoca, Spagna orientale ed Italia settentrionale, i Catari, oltre all’apprezzamento della gente comune, erano riusciti ad ottenere il tacito e a volte aperto sostegno da parte di alcune tra le più potenti famiglie nobili dell’Europa sudoccidentale. Tra queste vi erano i conti di Tolosa, i conti di Foix e i visconti di Trencavel, che opponevano alla Chiesa la forza di armi, cavalli e castelli. Raimondo VI, conte di Tolosa dal 1194 al 1222, era cugino del re di Francia e cognato dei re d’Inghilterra e d’Aragona. Tollerava e a volte favoriva il catarismo e viaggiava assieme ad un religioso di fede catara. Nel 1204 Raymond-Roger, conte di Foix dal 1188 al 1223, assistette all’ingresso di sua sorella Esclarmonde e di sua moglie, tra i perfecti, il più alto rango degli iniziati catari. Raymond-Roger Trencavel, che governò dal 1194 fino alla sua cattura e al suo assassinio da parte dei cattolici nel 1209, aveva avuto come precettore il celebre studioso cataro Bertrand de Saissac. Nel Lauragais, popolosa regione tra Tolosa e Carcassonne, la nobiltà minore aveva fama di essere catara quasi all’unanimità. Lo stesso valeva per la controparte a Corbières, tra Carcassonne e Narbonne. Secondo i calcoli, circa un terzo dei perfecti catari era di nobile origine, mentre la rimanente nobiltà cattolica dell’Occitania era comunque loro simpatizzante e talvolta li appoggiava apertamente. L’Occitania e le zone confinanti di Spagna e Italia videro in questo momento la nascita di nuove idee scientifiche e filosofiche, oltre alla costruzione delle prime impressionanti cattedrali gotiche. Qui e in questi anni nacque l’erudito ordine dei cavalieri templari. In questo momento gli studiosi ebrei della Linguadoca elaborarono la scienza mistica della Cabala ed iniziarono ad esplorarne le implicazioni. Studenti ebrei giungevano da terre lontane per studiare nelle nuove scuole talmudiche di Narbonne, Lunel e Beaucaire. Probabilmente fu in quest’occasione che i templari si amicarono la scuola cabalistica ebraica, legame poi perpetuato dalla massoneria moderna e sancito ufficialmente nel congresso di Losanna nel 1875. La crociata contro i catari fu aperta da papa Innocenzo III in seguito all’assassinio del legato papale Peter de Castelnau, nel gennaio 1208 in Occitania. L’abate cistercense Arnald-Amalric fu inviato nella Francia del nord a raccogliere il sostegno dei nobili locali. Accanto ad aristocratici come Simone di Montfort, giunsero da ogni dove migliaia di soldati di fanteria. Un esercito di 20.000 uomini si radunò a Lione il 24 giugno 1209, pronto a marciare verso sud. Dopo la resa di piccoli insediamenti ed alcuni roghi di eretici, la truppa si schierò fuori delle mura di Béziers il 21 luglio 1209. Il 22 luglio i crociati riuscirono ad entrare; quando un gruppo di cavalieri chiese ad Amalric come distinguere i cattolici dagli eretici, l’abate rispose: “Uccideteli tutti; Dio riconoscerà i suoi”. L’intera popolazione (tra i 15.000 e i 20.000 uomini) fu uccisa, senza riguardo all’età o al sesso. Due settimane dopo cadde Carcassonne. Nel 1210 fu presa la fortezza di Bram. Montford ordinò che ai cento uomini sopravvissuti della guarnigione fossero cavati gli occhi e mozzati il naso e il labbro superiore. Poco dopo toccò a Minerve, teatro del rogo di oltre centoquaranta perfecti. Poi fu il turno di Lavaur, dove il fuoco toccò a oltre quattrocento perfecti. Sessanta furono bruciati a Casses. La crociata prese una battuta d’arresto solo nel 1216, quando Montfort morì durante l’assedio fallito di Tolosa. Nel 1219 suo figlio Amaury e il principe Luigi di Francia presero la città di Marmade che subì la sorte di Béziers. Tuttavia, sotto il comando dei conti di Tolosa e di Foix vennero rioccupati vasti territori e nel 1224 fu firmata una tregua con Amaury. Nel 1226 il principe Luigi salì al trono come Luigi VIII e dichiarò una crociata in Occitania che in realtà nascondeva l’obiettivo di annettere la regione alla Francia. Carcassonne e Narbonne si arresero senza combattere. La resa dell’Occitania giunse nel 1229 e nel giro di cinquant’anni fu completata la sua annessione alla Francia. Nel 1233 fu istituita l’Inquisizione papale allo scopo di sostenere massicce persecuzioni ed inquisizioni in Occitania. Tuttavia, la fortezza catara di Montségur sopravvisse fino al 1244, permettendo ai perfecti di rifugiarsi e di riprendersi dopo le missioni rischiose nei territori occupati. Molti catari fuggirono in Bosnia tra i bogomili ma tanto i bogomili che i catari furono cancellati entro la fine del XV secolo dall’invasione Turca. Nonostante ciò, prima dell’invasione della Bosnia ad opera del sultano Mehmed II, una collezione di testi ermetici fu nascosta, aspettando di essere ritrovata dal monaco Leonardo di Pistoia. Portata a Firenze e tradotta da Marsilio Ficino per Cosimo de Medici, la collezione stimolerà predicatori come Giordano Bruno, Tommaso Campanella e Johann Valentin Andreae, fino a sfociare nel movimento dei Rosa-Croce, inconsapevoli per lungo tempo che il ramo principale del loro credo aveva trovato una strada per la salvezza: i templari. I templari, che nel corso del loro soggiorno in Terra Santa avrebbero incontrato i Sabei di Harran, si rifiutarono di prender parte alla crociata contro i catari. Secondo Andrew Sinclair11, “la maggior parte dei cavalieri catari sfuggiti al massacro vennero accolti nell’Ordine militare del tempio di Salomone”. Secondo Arthur Guirdham12 “un gran numero di cavalieri templari veniva reclutato dalla Linguadoca. A metà del XIII secolo vi fu un afflusso di reclute quando le guerre contro gli albigesi erano ormai terminate a tutti gli effetti13”. Per questo motivo, le idee gnostiche dei catari sopravvivono tutt’oggi all’interno della massoneria, erede dell’ordine templare. Il 22 novembre 1307, con la bolla Pastoralis Praeminentiae, papa Clemente V ordinava l’arresto dei templari in tutto il mondo cristiano. Il 21 marzo 1312, la bolla Vox Clamantis decretava la soppressione dell’ordine. Diversi cavalieri trovarono rifugio in Scozia sotto la protezione della famiglia Sinclair. Il re di Scozia, Robert Bruce, si era rifiutato di arrestare i templari, il cui ordine poté evolversi segretamente nella massoneria. L’identificazione dei massoni con un mestiere (i “muratori”) prosegue sulla linea già tracciata dai catari (noti anche come “tessitori”) e dai terapeuti. Sir William Sinclair, il Gran Maestro ereditario della massoneria scozzese che iniziò la costruzione della spettacolare cattedrale gotica di Rosslyn nel 1446, fu segretamente iniziato all’ordine templare oltre un secolo dopo la sua soppressione.

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